Confraternita Sant'Antonio Abate di Troina

Culto e tradizioni di Sant'Antonio Abate a Troina

di Basilio Arona



"Scrivi del tuo villaggio
e parlerai al mondo"
(Lev Tolstoj)


1. Sant'Antonio e i rituali: raccolta della legna e i pagghiara
Il lungo periodo che precludeva alla primavera, ovvero all'antico Capodanno nell'arcaica religione romana, era contrassegnato da cerimonie per purificare gli uomini, gli animali e i campi, e per favorire propiziando gli dei, il rinnovamento del cosmo.
Alla fine di gennaio si indicevano le Ferie sementine durante le quali si procedeva alla lustrazione dei campi e dei villaggi, e si offriva a Cenere e a Terra una porzione di latte e mosto cotto, detta burranica, sacrificando loro una scrofa gravida accompagnata dalla usuale offerta di farro, mentre le giovenche, adoperate nei campi, venivano inghirlandate di fiori e lasciate a riposo. Bisogna descrivere attentamente la festa di sant'Antonio - come di altre - per rievocare il substrato precristiano per cogliere i legami con la religione cosmica sulla quale è innestato, il calendario liturgico cristiano. La più importante è quella di sant'Antonio Abate che cade il 17 gennaio. Come abbiamo visto, il Patriarca del monachesimo non è una figura leggendaria: è realmente vissuto.
Pagghiaru Corso Enna - Anno 2003 Da testimonianze degne di fede pare che il Patriarca del monachesimo sia morto effettivamente il 17 gennaio. Se così è, le leggende e le usanze connesse alla sua festa dipendono non tanto dalla sua figura storica di uomo di preghiera, di anacoreta e di direttore di anime, quanto alla collocazione calendariale. Sicché sant'Antonio Abate ha assunto a poco a poco le funzioni di divinità pagane così come la sua memoria obbligatoria. Nella storia dell' evangelizzazione è sempre successo che i convertiti trasferiscono all'interno della nuova fede usanze e riti della precedente, perché si trattava di tradizioni cui non potevano rinunciare, pena la perdita della loro identità.
Fino a qualche decennio fa era pure diffusa l'usanza di offrire doni in natura ai sacerdoti che a loro volta distribuivano immagini di sant'Antonio da appendersi come amuleti nelle stalle. A Troina i PP. Cappuccini effettuavano la raccolta del frumento e di cereali: fave, lenticchie, piselli e ceci per le campagne. Negli anni passati anche la Confraternita di sant'Antonio questuava per le campagne di Troina per i festeggiamenti di luglio. Un'altra usanza di derivazione pagana è la preparazione di un dolce benedetto che viene poi dato a uomini e animali malati perché sant'Antonio, che resistette alle tentazioni, è considerato il vincitore del male.
Sant'Antonio, come detto nella breve agiografia della sua vita, è considerato anche il guaritore dello "herpes zoster", ovvero il cosiddetto fuoco di Sant'Antonio. Gli agiografi cristiani collegano a questa funzione l'usanza di incendiare nelle notte che precede la festa grandi cataste di legna, detti i pagghiara o fuochi di sant'Antonio, le cui ceneri sono considerate amuleti. Il fuoco in questo contesto ha una funzione purificatrice, brucia ciò che resta del vecchio anno, compresi i mali e le malattie.
Pagghiaru quartiere San Michele - Anno 2003 Per il contadino troinese il fuoco e la legna sono beni così importanti che non si può fare a meno; poi la gestione della massaria: armenti, cavalli, capre, pecore, porci, galline, ecc., diventano elementi che caratterizzano la devozione per il nostro Santo Patriarca. Ma la spiegazione che ne viene data è un'altra, legata alla leggenda: sant'Antonio sarebbe il padrone del fuoco, compresa quella sensazione di bruciare dello herpes zoster, e addirittura avrebbe la funzione di custode dell'inferno: ingannerebbe i diavoli sottraendo loro alcune anime non meritevoli delle fiamme eterne. L'unico fatto certo è che alle reliquie di sant'Antonio, traslate nel secolo XI in Francia e conservate in un primo periodo nella chiesa di Saint Antoine de Viennois alla Motte St. Didier, fu attribuita la virtù di curare lo herpes zoster grazie al potere dell' eremita sull'inferno e sul fuoco. La grande devozione dei troinesi verso sant'Antonio è assai vivace e singolare, viene invocato per liberarli dal fuoco di sant'Antonio .
Sicuramente il culto di sant'Antonio Abate in Sicilia è stato portato dai PP. Basiliani, che a macchia d'olio si è propagato nell'Italia meridionale . Fino al 1300 esistevano 5 cenobi dei PP. basiliani nel territorio di Troina e 55 nella Sicilia orientale.
I malati, in passato, si recavano numerosi nelle chiese delle proprie città che per poterli raccogliere si rese necessaria la costruzione di un ospedale con la fondazione di una confraternita di religiosi per assisterli: ebbe così origine l'ordine ospedaliero degli Antoniani che prese la gruccia a forma di Tau, un simbolo che in Egitto era attribuito agli dei. è in terra celtica che si formarono la leggende occidentali su sant'Antonio e si elaborano i suoi attributi, compreso il maialino. Gli agiografi moderni tentano di giustificare storicamente l'animale ipotizzando che i religiosi, per assicurare almeno in parte la sussistenza dell'ospedale, allevassero i maiali che vagavano per le vie mantenuti dalla carità pubblica. A un certo momento per motivi d'igiene si decide di eliminare tutti gli animali dalle vie dell'abitato, tranne i maiali degli ospedali antoniani che per essere riconosciuti dovevano portare al collo una campanella, anch'essa diventata attributo del Santo. Nel processo di cristianizzazione la figura di Sant'Antonio assunse anche quella di custode dell'inferno, divenne colui che poteva salvare le anime destinate alla dannazione, e dunque "padrone del fuoco", omologo alle fiamme infernali; e infine, per il suo legame simbolico con il maiale, diventò il patrono dei fabbricanti di spazzole.
Seguendo come un filo sottile, come un itinerario sotterraneo fra religiosità pagana e cristianità medievale si può spiegare e comprendere l'enorme - e, a prima vista incomprensibile - popolarità in Occidente dell'Anacoreta egiziano e della sua festa in cui si portano a benedire gli animali domestici per scongiurare le malattie e favorirne la fecondità. In questa cerimonia l'eco delle lustrazioni antiche è chiaramente percepibile così la memoria svanisce in un tessuto sincretistico di riti, alcuni greci, alcuni romani, altri di origine celtica che hanno la funzione di favorire l'annuncio della primavera. Lo dimostra il rito che ogni anno si celebra a Troina, e, in quest'ultimi anni, grazie all'organizzazione della Confraternita di sant'Antonio, si sono riprese ancora con più entusiasmo le tradizioni legate al culto del santo (che è molto antico, anche se la Confraternita è giovane) e in tutti i quartieri: San Basilio, Borgo, S. Antonino, Mulino a Vento, S. Michele, Rusuni, S. Rocco, Via Regalbuto, Via Gagliano, ed in altri angoli della Città, si preparano cataste di legna - che una volta veniva raccolta, con qualche mese di anticipo, al suono della campanella - nei quartieri limitrofi, e all'imbrunire si accendono questi falò: i pagghiara o i fuochi, intorno al quale si chiacchiera e si mangia. Alla fine - una volta era un rituale oggi non più - la gente cercava di portarsi a casa qualche tizzone o un pò di cenere come amuleti .

2. La protezione degli animali e dei beni rurali
Pagghiaru zona Ruscone Sant'Antonio Abate è al centro dei rituali festivi descritti, la cui celebrazione - Dies Natalis - cade il 17 gennaio nel calendario liturgico latino.
Il modello agiografico antico è stato tramandato in una biografia classica, la Vita di Antonio scritta da Atanasio e conservata in varie redazioni, e in altri pochi documenti di tono apologetico - morale - gli Apophthegmata Patrum, le Vitae Patrum, la Historiae Monachorum, la Historiae Lausiaca di Palladio . Ma nella riutilizzazione che ne è stata fatta dalle religioni subalterne europee, il modello ha subito radicali trasformazioni, fino al punto che si è aperto uno iato incolmabile fra l'immagine popolare e la tradizione agiografica dotta. Non è improbabile che sul Santo si siano cumulate stratificazioni - come accennato prima - appartenenti ad antiche credenze e a remoti rituali pagani del mondo contadino in un processo sincretistico che appare abbastanza chiaro dal XII secolo in poi.
Antonio il Grande, l'eremita per eccellenza, è una delle personalità più forti e rappresentative del monachesimo egiziano del III - IV secolo dopo Cristo. Esprime il livello cristianizzato di taluni motivi che furono presenti in alcune correnti dello stoicismo e del cinismo: la negazione del mondo, il disprezzo della cultura, l'indifferenza. Sant'Antonio viene decisamente collegato ai problemi più corposi e concreti della vita quotidiana dei contadini. Egli appare il portatore di una potenza ambigua manifestata in atteggiamenti che provocano il terrore e respingono per la loro portata numinosa , in altri atteggiamenti che, al contrario, lo riducono a protettore bonaccione, grossolano e allegro dei contadini e degli umili. Nella letteratura geografica antica, il Santo è l'esempio della rigida santità ascetica che respinge ogni interesse mondano. Diviene, invece, nella società rurale, il protettore degli animali domestici di stalla e di cortile e dei prodotti della terra, fungendo da garanzia potente per l'incremento degli uni e degli altri e riscattando il contadino dai rischi e dalle incertezze del proprio ciclo economico attraverso il meccanismo dell'offerta, della "devozione" e degli usi magici. Nei documenti antichi gli animali sono forme negative che espongono al male alla tentazione lo sforzo ascetico del Santo.
La Benedictio equorum aliorumque animalium del rituale romanum fa preciso riferimento a sant'Antonio che passò indenne dalle tentazioni diaboliche nel mondo, e invoca l'intercessione di lui perché gli animali siano protetti . Tale benedizione pubblica negli animali, che si pratica tutt'ora in alcuni centri della Sicilia, e a Troina ripresa con caparbietà dalla Confraternita di sant'Antonio Abate, era un cerimoniale diffuso e pittoresco in tutta Italia, quando sui sacrati delle chiese dedicate al Santo, quasi sempre antiche sedi degli Antoniani , convenivano fino ad epoca recente, animali di ogni specie portati dai loro proprietari. Questa cerimonia la ricorda Goethe nel suo viaggio in Italia, come ricordavo sopra.
Altra forma culturale e devozionale è l'uso di affliggere all'interno delle stalle le immagini del Santo nella forma iconografica che lo presenta fra gli animali e con il fuoco in una mano. Spesso la sua effigie è posta sopra la bocca del forno o messa in mezzo alla tovaglia per far lievitare bene il pane.
Una miniminagghia (un indovinello troinese) lo dimostra:

C'è un puccidduzzu
attaccatu 'o piduzzu
né mangia, nè bivi
sant'Antóniu provvidi

è uno degli epiteti attraverso i quali il Santo è meglio noto e individuato nella cultura popolare che fa riferimento al maiale. L'indovinello sopra citato ne testimonia la consapevolezza nel collettivo immaginario contadino. Tanti sono gli episodi che si narrano nella vita di sant'Antonio legati al maiale e tanta è la simbologia. Questo rapporto tra santo e maiale, considerato come l'animale che attesta l'abbondanza e il benessere della casa contadina, non appartiene alla tradizione agiografica classica e a tarde origini storiche dipendenti da molteplici dati rielaborati nella cultura subalterna. Nelle stesse tavole di fondazione del cristianesimo, anche per influenza dei divieti alimentari ebraici circa gli animali impuri si pone la netta identificazione tra porco e demonio: Gesù trasferisce i demoni dal corpo dell'esorcizzato nei maiali, i quali si precipitano nell'abisso . Il porco nella simbologia dei bestiari, venne anche a rappresentare i peccatori carnali, gli eretici, gli immondi. è fin troppo evidente il disagio nel quale vengono a trovarsi gli autori cattolici quando tentano di conciliare la costante tradizione ecclesiastica e l'abbinamento iconografico e liturgico fra il Santo e l'animale immondo.
Il gesuita Teofilo Raynaud annotava nei Simbola Antoniana, pubblicati a Roma nel 1648, che i contadini, come uomini rozzi, e senza istruzione, nell'apporre il porcello nell'immagine del Santo, si rappresentano sant'Antonio come un padre di famiglia contadina che usava allevare il porco perché possa con esso provvedere a tempo opportuno ed alimentare i suoi familiari.
Nell'economia medievale contadina, il maiale dovette avere un rilievo notevole come fonte di ricchezza e di alimentazione, anche perché veniva allevato e ingrassato non solo con i pastoni e nelle stalle ma con le ghiande largamente disponibili nei boschi che allora circondavano, in tutta l'Europa, le città e i villaggi . L'importanza dell'allevamento del maiale nell'economia medievale comportava singolari conseguenze. I porci vagavano liberamente per i villaggi e nelle stesse città, alimentandosi come e dove potevano e dando origine a gravi incidenti. Molti divieti furono emanati e molti i regolamenti per abolire l'uso dannoso per la salute contrario all'igiene.

3. Simbologia del fuoco nel rituale dell'accensione dei pagghiara
Pagghiaru davanti la Chiesa di San Sebastiano - anni'70 Theofilo Raynaud nei suoi Symbola Antoniana 1648, affronta l'interpretazione del tema iconografico del fuoco, presente in tutte le immagini popolari del santo, ricorre a una allegoria moraleggiante. Egli, che pure conosce la relazione fra questo fuoco e l'ignis sacer della grandi epidemie, ne connette la presenza iconografica all'azione del santo contro il fuoco infernale e contro quello della lussuria. Ma si tratta di una riduzione allegorizzante che non tiene conto dei ricchi processi elaborativi attraverso i quali la mitologia subalterna ha cumulato nell'immagine il fuoco materiale attribuito al santo molti motivi di diversa origine e natura, trasformandolo in un signore del fuoco, che ha dominio sul potere ambivalente e ambiguo in esso presente.
Con il trasferimento delle reliquie in Francia e con la fondazione e diffusione degli Antoniani è sicuramente collegata un'epidemia che è qualificata come fuoco di sant'Antonio, attribuendo al santo il termine ignis, ignis sacer, che già designava altre malattie prima diffuse. Appare, questa malattia, anche come mal Monseigneur Saint Anthoine ed è descritta come una cancrena che comporta sensazioni insopportabili di calore, perdita degli arti superiori e inferiori e conseguente sensazione di freddo e gelo. Le estremità divenivano nere come carbone e si staccavano.
La denominazione ignis sacer, fin dall'antichità, era stata applicata a diversi morbi . Quando il termine passa a designare le epidemie di ergotismo cancrenoso, in esso sono evocate già arcaiche valenze che comportano l'immagine viva e impressionante del fuoco che distrugge il corpo. Un'omologazione forse inconscia fra il fuoco malattia e il fuoco materiale e il colore rosso che lo rappresenta sembra verificarsi già nella storia delle epidemie, poiché di rosso si tingevano le porte delle case delle persone colpite dal morbo. Era tradizione consolidata che gli ammalati del fuoco di sant'Antonio, qui a Troina, si metteva addosso un maglione o un panno di color rosso: così che il fuoco di sant'Antonio è venuto ad essere l'espressione visiva e simbolica di realtà ambigue e complesse della vita rurale.
Pagghiaru davanti la Chiesa Santa Caterina - anni70L'accensione dei fuochi o pagghiari in occasione della festa di sant'Antonio (la vigilia 16 gennaio) richiama sicuramente i riti del solstizio d'inverno, che vengono trasferiti, in alcune regioni, nel periodo di Carnevale ( i falò di carnevale) e che sono la duplicazione invernale dell'accensione dei fuochi di san Giovanni, propri nel solstizio d'estate. La tipologia del rito di accensione dei fuochi invernali di sant'Antonio è ricca, poiché esprime insieme la funzione lustratoria attribuita al fuoco, gli effetti apotropaici dell'allontanamento delle streghe e degli spiriti maligni, delle influenze invernali, dei morti, delle malattie. L'abbinamento mitico fra il santo e il fuoco dà origine ad altre credenze e a comportamenti nei quali si riflette la polivalenza dell'elemento: la funzione di fuoco familiare e del focolare, gli aspetti rischiosi e negativi (gli incendi), così che nell'agiografia subalterna sant'Antonio, nello stesso tempo, protegge la sicurezza delle stalle e delle famiglie, ma può anche, reagire con il fuoco.
In tali sviluppi delle credenze subalterne si è verificata una fusione e confusione fra il santo Abbate e l'altro sant'Antonio, quello di Padova, che ha, secondo la tradizione agiografica ecclesiastica, il patronato contro il fuoco, e l'incontro sincretistico si è realizzato anche a livelli diversi da quello del patronato igneo.

4. Significato antropologico della festa: ritualità e misticismo
Nel quadro culturale dei rituali che si svolgono intorno a S. Antonio a Troina: i pagghiara (16 gennaio), la benedizione dei prodotti agricoli e degli animali, la fiera del 12 luglio (vigilia dei festeggiamenti solenni) del 13 luglio, la processione con l'uscita del Santo e la Confraternita omonima - sono chiaramente verificabili i caratteri di frammentarietà e di incoerenza che Gramsci attribuiva alle visioni subalterne del mondo quali sono espresse nel folclore. Sotto il profilo storico-economico: il gioco sottile dei simbolismi, delle raffigurazioni e dei rituali travestono realtà umane che vanno indagate e comprese.
Va perciò accettata come premessa di ogni possibile discorso la magmaticità, la fruibilità di tematiche che hanno origine storiche ed economiche diverse e che si cumulano sulla figura del santo: questi ne diviene l'occasionale punto di coesione e di riferimento. La relazione sant'Antonio-demonio va reinterpretrata come la proiezione mitologica di rapporti strutturali reali. Sant'Antonio, declassato dal suo ruolo ascetico, si identifica in sostanza con le classi contadine di ieri, con gli emarginati e gli emigrati di oggi, divenendone il campione. Il santo da imitare e venerare nel silenzio della propria casa.
All'altro estremo il demonio è la figurazione corposa e popolarmente accessibile del male, ma di un male non più definito negli astratti termini delle teologie egemoni come radicale, cosmico o morale. Esso va ricondotto all'esperienza economica quotidiana, allo stato umano di classi, e si qualifica e delinea come l'insieme dei rischi e dei fallimenti cui il contadino povero, il bracciante, l'operaio, u junnataru, il pecoraio, il vistiamaru sono periodicamente esposti. è verosimile che il ciclo festivo di sant'Antonio può ulteriormente configurarsi come una festa di rifondazione del tempo e come un capodanno, che integra o continua il capodanno calendariale molto vicino temporalmente.
A termine di questo percorso di sant'Antonio Abate, l'utilizzazione di questa figura all'interno di cerimoniali subalterni in parte residui, attestano il forte potere creativo del popolo contadino, che assumono a sé una figura ascetica, fortemente distante, appartenente a una mitologia egemone del disgusto e del disprezzo del mondo, e la inseriscono nella trama della realtà quotidiana, a livello di dinamica alienante preclassista, risolvendo i problemi della propria sopravvivenza e della propria salvazione storica. Sicuramente, ha ancora qualcosa da dire all'uomo di oggi il Grande Patriaca Antonio, eremita di diciassette secoli or sono che si ritirò a vivere in zone disabitate dell'Egitto.


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